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Halloween

The Irish witch

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Drombeg

In Irlanda, nel mese di novembre le tenebre calano in fretta. Nel piccolo villaggio di Leap, nel West Cork, la notte si preannuncia scura e piovosa. Non ci sono né stelle né luna, ma una strana atmosfera che sa di tristezza e di morte. Il 'long day' di luglio, quando la luce del sole illumina la baia quasi fino alle undici di sera, è un lontano ricordo. Per le strade ci sono solo spaventapasseri, streghe ed esseri mostruosi di ogni tipo allestiti per il tradizionale festival di Halloween. Già da due settimane fervono i preparativi per la festa che si terrà tra il 31 e il 1° novembre. Ormai il fatidico giorno è arrivato, tutti gli abitanti sono pronti a ritrovarsi alle nove di sera presso le cascate incantate, nel cuore del piccolo centro. 

 

Padre Kevin, dopo la messa delle 16 celebrata in parrocchia, sta tornando a piedi a Myross Wood nella comunità religiosa dei Missionari del Sacro Cuore. Ha cercato di dissuadere i suoi concittadini dalla preparazione della spaventosa manifestazione, a sua detta potrebbe evocare gli spiriti del male. Soprattutto i più giovani hanno sghignazzato ascoltando i timori del prete. Quella maledetta sera del 31 il padre avverte una strana sensazione, solo i suoi passi si sentono lungo il selciato, non c'è nessuno, a fargli compagnia solo un terribile vento che si alza sempre più forte, tanto da piegare gli alberi. Le trombe d’aria non sono così poco frequenti da queste parti. Il fischio tra le fronde si avverte sempre di più, sembra un pianto, un pianto di donna. L’uomo di Dio ha paura, tira fuori la corona del rosario e inizia a pregare. Ricorda in quei momenti i racconti della nonna di quando era bambino nella contea di Kerry, quando l’amata vecchia gli parlava della Banshee: la strega delle lacrime. Sentire il suo pianto voleva dire triste presagio di morte. Ancora oggi una piccola parte della popolazione irlandese crede che queste voci appartengano a donne morte di parto a causa di aborti volontari o assassinate per la loro immane bellezza. Kevin, non arriva alla prima Ave Maria, scorge un’ombra che di colpo gli si para davanti.

 

Nel frattempo a Glandor, a pochi chilometri dal villaggio di Leap, i nuovi druidi stanno preparando candele e tappeti per dar vita al loro rito esoterico. Nella prima notte di novembre, di passaggio tra la vita e la morte, da diversi anni sono ripresi gli incontri magici nel circolo di megaliti di Drombeg, una sorta di Stonehenge in miniatura situata nella contea di Cork. L’area archeologica è composta da diciassette grandi pietre che compongono un misterioso anello. 
 
 
La Chiesa locale è preoccupata dell’alto tasso di suicidi e di morti misteriose verificatesi negli ultimi tempi in questa parte di Irlanda. I preti credono che coloro che si radunano nel posto magico evochino con le loro cerimonie il maligno. I vecchi, tra i loro boccali di birra nera, si raccontano delle lacrime della Banshee tornata a farsi sentire dopo le riunioni di Drombeg.

 

Padre Kevin, alla vista della sagoma di una persona, indietreggia. Non ha mai creduto ai miti tanto cari alla sua gente, lui si è sempre nutrito della Parola di Dio. Nella sua vita di missionario, ha aiutato tutti: alcolizzati, drogati, donne ridotte in povertà, sole, abbandonate, soprattutto ha dato una speranza a quelle donne che volevano abortire. In lui la bellezza di Dio era nitida. Le persone del West Cork erano grate di poter vedere la Sua luce nell’ombra, talvolta fitta, della vita. 

 

In quest’Isola, ormai preda della secolarizzazione e degli abusi ecclesiastici, la gran parte degli abitanti continuava a credere che è Lui lo strano filo rosso che lega ogni cosa, che dà a tutto un significato, che continua a comporre una singolare armonia attraverso suoni separati e stridenti. È questa l’esperienza comune di chi vive nella verità.

 
Padre Kevin appare terrorizzato, il profilo di una giovane donna è uscito dall’ombra e si presenta nella sua misteriosa bellezza con un maglione sgualcito e un fiore tra i capelli. La sua bellezza è di quelle acqua e sapone, capelli ondulati, castano-chiari, occhi verdi pieni di rabbia. Senza dire una parola sputa in faccia al prete, puntandogli contro un coltello. Padre Kevin, imbambolato, farfuglia a stento: “Chi sei?”. “Sono Kyra, - risponde la donna – la figlia di Breda che tu hai convinto a partorire ventitré anni fa”. Il missionario del Sacro Cuore è sconvolto, non riesce a capire il perché di tanto livore. “Io non volevo nascere – continua la ragazza – per colpa tua sono costretta all’esistenza terrena, prigioniera di questo corpo mortale. Se tu non fossi intervenuto, a quest’ora sarei la regina dell’inferno. Satana me l’ha confidato durante il raduno dell’anno scorso a Drombeg e finché sarai in vita, il mio Signore non potrà possedermi. Voglio essere solo sua, Satana non è come il tuo Dio, lui non ci giudica, ci accetta per come siamo, con le nostre imperfezioni. Nel suo regno i nostri istinti non saranno più schiavi della ragione o peggio ancora del peccato”. Al grido di “Libertà!!” la ragazza colpisce il missionario con il suo grosso coltello da cucina. 
 
 
Kevin, impietrito, non accenna alla minima difesa, cosicché dopo la settima coltellata si ritrova a terra in una pozza di sangue. Ucciso senza pietà dalla giovane inebriata di odio e violenza. Il suo sacrificio ha però distrutto la morte omicida, lo Spirito immortale avrà la meglio e riporterà la pace in quell'angolo meraviglioso di Irlanda. La povera assassina non è una creatura soprannaturale, ma una delle tante giovani irrequiete, afflitte dai mali del mondo moderno per cui mangiare o uccidere hanno lo stesso valore; sua madre, Breda, era una donna che aveva avuto il coraggio di partorire.

 

Kyra pulisce il suo coltellaccio con le foglie bagnate dalla pioggia, risale verso Leap ed entra nell’Undertaker’s pub. Beve una Murphi’s, al sud la preferiscono alla Guinness, e si avvia verso il circolo di pietre per partecipare a quella maledetta cerimonia. Dopo due ore dall’omicidio, padre Kevin viene ritrovato dai confratelli che, non avendolo visto arrivare, si sono messi sulle sue tracce. La Garda, la polizia irlandese, comprende subito che si tratta di un omicidio rituale, proprio la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre di un uomo di Dio al quale volevano tutti bene. 
 
 
La chiave del delitto deve trovarsi per forza tra le diciassette pietre di Droberg. Senza perdere tempo arrivano rinforzi da Cork e una task-force di quaranta uomini armati di tutto punto si catapulta immediatamente nella Stonehenge irlandese. I diciassette tra uomini e donne, che recitano parole strane nell’area archeologica, sono circondati e costretti a sdraiarsi per terra. Ad un certo punto il colpo di scena: Kyra, in un delirio di onnipotenza, comincia a inveire contro le forze dell’ordine credendo che da un momento all’altro sarebbe stata investita di una potenza sovrumana. Tira fuori il suo coltello gridando: “L’ho ammazzato io il prete, ed adesso squarterò ognuno di voi”. Prima di ferire il primo poliziotto che gli arrivi a tiro, il comandante della Garda ordina: “Fuoco!”. E la sventurata viene crivellata da una pioggia di proiettili.

 

L’indomani la cittadina si sveglia scioccata dall’accaduto, il funerale di padre Kevin, avviene nel giorno dei santi: un grande uomo si aggiunge alla schiera dei giusti che hanno dato la vita per il Signore. Padre Jerry, compagno di studi e confratello dello scomparso, durante l’omelia, lo ricorda con parole piene d’amore: 

 
“E’ stato bello incontrarti, è stato bello ascoltarti per tutti questi anni quando parlavi a me e quando parlavi agli altri. I disegni che tracciavi col pensiero erano così precisi, sapienti e semplici ad un tempo come solo l’intelligenza sa esserlo. E cosa ancora più bella, che mi ha spinto sempre a voler imparare da te, è di non avermi mai fatto sentire in difetto pur essendolo. Questo più di tutto ho ammirato di te. L’umiltà che fa essere divini. Parla bene al Signore di noi. Ciao Fratello".
 
Domenico Rosa
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