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Guardia di finanza

Rubata l'identità del ministro Tremonti su Facebook. Denunciato un fiorentino

In pochi giorni oltre 5000 amici
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Immagine articolo - Il sito d'Italia

Individuati e denunciati i due giovani che avevano pensato di rubare l’identità al ministro dell'Economia Giulio Tremonti ed aprire a suo nome un profilo Facebook che nel giro di pochi giorni ha calamitato quasi 5000 amici inutilmente orgogliosi di aver preso contatto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Le indagini della Procura di Roma, coordinate dal Procuratore Aggiunto Nello Rossi e dirette dal Sost. Giuseppe Corasaniti, hanno visto impegnate le fiamme gialle del GAT Nucleo Speciale Frodi Telematiche, del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma e della Tenenza di Pontassieve che in tempi record hanno dato un nome ed un viso ai responsabili della malefatta. I due ladri di identità, rintracciati uno in provincia di Torino e l’altro in quella di Firenze, sono due trentenni in possesso di vivaci competenze informatiche che dopo aver avviato la pagina truffaldina hanno “postato” qualche messaggio fuori protocollo che non è certo passato inosservato.
Nonostante i collegamenti al social network siano avvenuti da luoghi sempre diversi, gli 007 tecnologici della GdF hanno ricostruito ogni singolo passaggio e schedato persino la configurazione dei computer utilizzati fino a realizzarne un dettagliatissimo identikit. La tempestiva ed efficace collaborazione da parte della direzione di Facebook ha consentito di acquisire immediatamente i “log” con le informazioni necessarie per l’attribuzione delle puntuali responsabilità per ciascuna delle operazioni compiute fraudolentemente sul falso profilo del Ministro. Ai due sodali non è bastato sfruttare connessioni intestate ad aziende con cui avevano rapporti di lavoro oppure riconducibili ad amici e conoscenti, perché l’incrocio dei dati acquisiti ed analizzati ha permesso ai finanzieri di
andare a colpo sicuro con attività di polizia giudiziaria davvero chirurgiche.
Un po’ di paura anche per le aziende presso le quali erano avvenute le connessioni: la circostanza è stata l’occasione per riflettere sull’uso indebito delle dotazioni di ufficio e sulle possibili riverberazioni civili e penali previste dalla legge 231 in capo al datore di lavoro.
I due giovanotti, accusati per il reato previsto e punito dall’articolo 494 del codice penale, rischiano un anno di reclusione.
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