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Guerriglia capitolina

Indignados: molti i violenti partiti dalla Toscana verso Roma

Tra i teppisti anche appartenenti al mondo ultras
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Immagine articolo - Il sito d'Italia

Una strategia 'paramilitare' con l'obiettivo preciso di raggiungere piazza San Giovanni, un 'campo ideale' per gli scontri e con molte vie di fuga. La parola d'ordine per i teppisti è stata: evitare il centro storico perché troppo presidiato, impossibile da violare.

Avevano pianificato da settimane i disordini nella Capitale i violenti che ieri hanno messo a ferro e fuoco Roma durante il corteo degli indignati. Li avevano pianificati con cartine stradali alla mano, scegliendo le zone migliori per accendere la miccia degli scontri. Il supporto logistico, per i tanti violenti arrivati dal sud come dal nord, dai centri sociali duri come Askatasuna di Torino, le roccaforti antagoniste del nord est, il movimento No Tav ma anche realtà estremiste del sud e ultras, è arrivato dalle occupazioni romane, centri sociali come Acrobax. I 'fratelli' romani hanno fornito dettagli utili per portare avanti azioni e blitz dal sapore paramilitare perché l'evento -per i black bloc- sarebbe dovuto almeno essere pari, come portata dei disordini, a quello degli scontri durante il G8 di Genova nel 2001. E la Questura di Roma lo sapeva benissimo: per questo aveva predisposto un piano di sicurezza agile e una gestione della piazza che puntava sul contenimento e non sullo scontro. Perché lo spettro era, appunto, il morto. Per muoversi, i teppisti, 'professionisti' della guerriglia venuti soprattutto da Toscana, Emilia Romagna e Val di Susa, ma anche frange estreme di tifoserie come quella napoletana, avevano studiato un piano dettagliato calcolando di mischiarsi al centro del corteo con un piccolo gruppo ben definito, in attesa che il primo blocco di manifestanti pacifici arrivasse a San Giovanni per riempire la piazza: un 'luogo ideale' per muoversi e con diverse vie di fuga, in modo da poter arretrare durante il lancio di lacrimogeni e le cariche delle forze dell'ordine e poi ripartire all'assalto dei blindati e dei contingenti delle forze dell'ordine. I teppisti sapevano che sarebbero stati avvantaggiati dalla presenza delle aiuole della basilica, che avrebbero reso impossibile l'intervento dei mezzi. La loro tecnica di guerriglia si è basata su rapidità e determinazione. Sempre in piccoli gruppi, compatti. All'occorrenza in 'abiti civili' e con tanto di bandiere della pace per mimetizzarsi tra il corteo, ma poi in total black, caschi, bandane, fionde, bastoni per colpire. Una marea nera che anche visivamente spaccava il corteo. Appena arrivavano il serpentone si apriva, forse per timore, forse per altro. Ed era furia devastatrice. A guidare le 'falangi' dei teppisti erano i più anziani, bastava un cenno e partivano. Poche parole, solo i nomi di battaglia. «Fulmine», ad esempio. Molti hanno tentato di fermali. Ma a San Giovanni, durante la battaglia, dietro le prime file dei teppisti erano schierati «contingenti» di ragazzini provenienti dal corteo. Proselitismo, la cosa piu pericolosa. (ANSA).

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