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curiosità

Pubblicità nei film: e tu ti sei accorto di questi product placement?

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Immagine articolo - ilsitodiFirenze.it

Se i donuts sono tanto amati non solo in America ma un po’ ovunque nel mondo, il merito lo si deve moltissimo ad Homer Simpson, ghiotto fagocitatore di ciambelle. Sarà capitato a tutti di vedere una ciambella fritta ricoperta di glassa e di aver esclamato “le ciambelle di Homer!”.

Vi sveliamo un segreto: questa è pubblicità indiretta, e la utilizzano tutti i più grandi brand mondiali. In questo caso specifico, sebbene i donuts dei Simpsons non appartengano ad una marca in particolare, la vendita di ciambelle a livello mondiale è aumentata esponenzialmente dalla messa in onda della fortunata serie animata firmata Matt Groening.

E, per restare in casa Simpsons, un altro esempio è quello della birra Duff, marca inventata ma poi divenuta una reale birra che, fin da subito, ha registrato sold out in tutti i locali e negozi americani (di questo caso, ne riparleremo più avanti).

Lo avreste mai creduto che questa era – o sarebbe diventata – una forma di pubblicità? E che ha anche un nome?

Stiamo parlando del product placement, una nuova frontiera del marketing, che punta sulla forza del brand all’interno della narrazione, piuttosto che “imporsi” come prodotto pubblicitario.

Cos’è e come funziona il product placement

Il product placement è una tecnica pubblicitaria strettamente legata al mondo dell’entertainment marketing, strumento importato in Italia, fra i primi, dall’agenzia di marketing TD Pubblicità del fiorentino Alberto Tofani. Quella inserita in contesti non tipicamente pubblicitari (come il cinema e la televisione), è una pubblicità che attecchisce molto sui potenziali clienti, un modo per fare dell’intrattenimento un veicolo commerciale, senza che questo venga riconosciuto come tale.

È un concetto che si basa sul do ut des e che vale per qualsiasi forma di accordo pubblicitario: un determinato brand corrisponde a un pagamento a favore della casa cinematografica che produce il film per chiedere l’inserimento dei suoi prodotti a scopo pubblicitario; in cambio, il film darà grande visibilità al brand e, dunque, molte vendite.

Il successo del product placement, detto anche embedded marketing, sta nel fatto di non essere percepito dai consumatori come pubblicità che interrompere la narrazione, come spesso avviene per quella invasiva e fastidiosa che si piazza sul più bello tra una scena e l’altra. Si manifesta in maniera indiretta, non si dichiara, quindi non gliene si fa una colpa.

Il product placement che si serve dei film e delle serie TV ricopre un ruolo fondamentale – e un budget più consistente – tra le strategie di marketing più significative, ma si è appropriato anche dei programmi televisivi, dei video musicali, dei videogiochi, dei social network e, in generale, di tutte le forme di intrattenimento, culturale e non.

Inseriti nel filo narrativo, esistono tre tipi di ruoli che il product placement può assumere:

  • screen placement (pubblicità visuale), ossia quando il prodotto con tanto di brand in bella mostra compare durante una o più scene, che sia in primo piano o sullo sfondo, in mano o addosso ad un protagonista oppure solo come presenza dell’arredamento scenico;

  • script placement (pubblicità verbale), una forma di placement meno usata che riguarda il caso in cui il prodotto brandizzato non viene inquadrato, ma viene inserito nel copione e citato da uno degli attori una o più volte nel corso dei dialoghi;

  • plot placement (pubblicità integrata), cioè quando il brand diventa parte integrante della narrazione, fino al punto da diventarne elemento centrale. Un esempio è il caso del film Il diavolo veste Prada, nel quale non si sponsorizza direttamente un brand ma è il brand stesso ad essere il corpo del film.

Esiste anche una normativa in merito al posizionamento di prodotti o marchi all’interno di film o programmi televisivi, emanata nel D.l. 30 luglio 2004 adottato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e che marca la linea di separazione tra il product placement e le altre forme di pubblicità. Le “modalità tecniche di attuazione del collocamento pianificato di marchi e prodotti nelle scene di un’opera cinematografica” prevendono che il brand debba “integrarsi nello sviluppo dell’azione, senza costituire interruzione del contesto narrativo”.

Come accennato, può verificarsi anche il caso del reverse product placement, che è quello che è successo alla birra Duff: si trattava di un brand fittizio divenuto poi reale e ricercatissimo dal pubblico.

Product placement: obiettivi e vantaggi per le aziende

Se sceglierete di entrare nel meraviglioso mondo del product placement, godrete del maggiore obiettivo a cui si punta: aumentare la visibilità del vostro brand e dei vostri prodotti. Più il film avrà successo, più il vostro brand verrà incrementato in termini di visibilità e di brand awareness. Si tratta di una grande possibilità per raggiungere un pubblico molto più ampio di quanto avreste previsto o immaginato, poiché il fatto che il brand venga inserito all’interno di un ambiente “naturale”, fuori dagli schemi di advertising, lo rende più vicino al pubblico.

A beneficiarne è anche il lavoro che farete nell’affermazione della vostra brand identity, grazie al fatto di generare un automatico collegamento del vostro brand ad elementi caratteristici e stilistici evocati dal film. Il product placement educa gli spettatori sui valori del brand e permette loro di conoscerne il corretto utilizzo e facilitarne la comprensione delle caratteristiche del prodotto. Un esempio è dato dalle cuffie Beats, che Vin Diesel – nel film Fast and Furious 7 – mette al suo bebè per isolarlo dalle urla di un litigio.

Infine, una buona strategia di product placement vi consentirà di ottenere vantaggi anche nell’aumento della brand recall. I vostri prodotti saranno presentati all’interno di un contesto piacevole e non forzato, a differenza di quanto avviene con gli spot televisivi basati sull’interruzione pubblicitaria; ne consegue che i consumatori saranno anche più propensi a ricordarsi del vostro brand durante i loro acquisti, influenzati da quella forma di advertising marketing così coinvolgente e non fastidiosa.

Esempi di product placement

Per chiarificare meglio il concetto, ecco alcuni esempi di product placement all’interno del cinema:

  • i sigari della White Owl che Paul Muni fuma in Scarface sono costati all’azienda 250 mila dollari, ma non si possono contare quelli che ha incassato grazie alle scene del film;

  • il protagonista di E.T. usa le caramelle Reese’s Pieces dell’azienda Hershey per attirare l’extraterrestre fuori dal bosco e le vendite delle caramelle sono triplicate in men che non si dica;

  • l’azienda Ray Ban deve il suo successo mondiale a Tom Cruise, che indossa questi occhiali in Risky Business e in Top Gun. Gli introiti che ha guadagnato sono stati talmente alti da scegliere di investire ancora per inserire i Ray Ban in Men in Black II;

  • l’Aston Martin bevuto nei film su James Bond è diventato un simbolo che ha fatto del Martini un drink planetario;

  • il cartone Disney-Pixar Toy Story ha portato all’apice del successo alcuni brand di giocattoli, come Hasbro (con Mr. Potato Head), che ha registrato un aumento delle vendite dell’800% e James Industries (con Slinky Dog, un giocattolo che, prima dell’uscita del film, era stato rimosso dal commercio), che ha ricevuto 20 mila richieste già nei primi mesi di programmazione.

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