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kermesse renziana

Leopolda 6 e il Principe Piccolo. L'opinione di Paolo Sebastiani

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Immagine articolo - Il sito d'Italia

di Paolo Sebastiani - Firenze, Dicembre 2015: Stazione Leopolda. Matteo Renzi fa salutari bagni di folla, si gode il Trionfo. Massimo onore che nell’antica Roma veniva tributato, con una cerimonia solenne, al generale che avesse conseguito un importante vittoria. Alla Leopolda la cerimonia solenne c’è. Manca la vittoria. Dettagli. Gli ingredienti del cesarismo puro ci sono tutti, dall’auto celebrazione al rapporto diretto con gli appartenenti alla comunità politica (veicolato da tecniche plebiscitarie di organizzazione del consenso), al protagonismo assoluto.

 

Innamorato di se stesso, allergico alle critiche, ama circondarsi di figure che non brillano di luce propria. Nessuno deve fargli ombra. Per lui non vale nemmeno la sibillina, stupenda frase che Virgilio fa pronunciare ad Anchise nell’Eneide: “ognuno soffre la propria ombra”. Ha basato la propria campagna di raccolta del consenso sulla necessità di rottamare la gerontocrazia. Cioè l’altro Cesare, quello ottuagenario: Silvio Berlusconi. Una volta insediatosi a Palazzo Chigi (senza essere stato eletto dal popolo, Partito Democratico...) ha gettato lentamente la maschera. L’unica differenza con i rottamati degna di nota è l’iscrizione più recente nei registri anagrafici.

 

Tutto qui. Il resto lo abbiamo già visto e rivisto. La sesta edizione della Leopolda (il Grande Fratello è già alla quattordicesima) ha come leitmotiv il capolavoro di Saint-Exupéry: Il Piccolo Principe. Testo meraviglioso, delicato, adatto a tutte le età (stavolta ben vengano anche le cariatidi), trasversale. Quello del Principe in effetti è un motivo di fondo più che presente, del Principe di Machiavelli però. “Governare è lasciar credere. Il fine giustifica i mezzi”. Di questa celebre frase Matteo è l’ipostasi perfetta. Il jamboree leopoldiano non è solo lo stagno in cui si specchia il Premier Narciso, c’è spazio anche per la sua preferita.

 

Il Ministro più fotografato della storia repubblicana: Maria Elena Boschi. Giunta a Firenze si è affrettata a dichiarare “Vi voglio bene più di prima”. Stavolta le crediamo. Poter godere del calore di zeloti adoranti nonostante il disastro Banca Etruria non è cosa da poco. Scalda il cuore di sicuro. Nei giorni precedenti aveva fatto notare che “papà è una bravissima persona”. Per fortuna, fosse stato un lestofante chissà che avrebbe combinato. Non penso di peccare di populismo nel far notare che il signore che si è tolto la vita forse lo era altrettanto. Magari anche di più.

 

La perdita di tutti i propri risparmi non giustifica certo un gesto estremo come il togliersi la vita. Ma se non fosse questa la spinta interiore che ha determinato il signor Luigino al suicidio? Se non fosse la perdita del denaro bensì il senso di impotenza, di indignazione per l’ingiustizia subita, il dolore, l’amarezza per il fatto di vivere in uno Stato che salva i disonesti (se potenti), lasciando a se stessi coloro che di tale disonestà sono vittime? La Maria Elena nazionale prosegue nelle proprie esternazioni ed un’altra lapidaria perla del piove sull’annosa questione del crack di Banca Etruria: “le colpe dei padri non possono ricadere sui figli”. Indubbiamente.

 

Quando il padre è un banchiere e la figlia è al timone di un Paese che con un decreto legge lo salva, forse il principio su esposto scricchiola un po’. Non c’è più tempo per queste amare considerazioni, il frastuono del Trionfo copre i singhiozzi dei risparmiatori traditi. E’ tempo di musica, di strette di mano e di pacche sulle spalle. Il Principe piccolo sorride beato.

 

Paolo Sebastiani, avvocato (nessuno è perfetto!), accanito bibliofilo; ama la Storia, che approfondisce insieme a Winston, il suo bulldog inglese. Conduce Elzeviro, trasmissione in onda ogni lunedì alle 21 su Tvr Più (Canale 13 Digitale Terrestre) e Black Baccara, in onda su Radio Rosa tutti i mercoledi alle 21.

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